L’Unzione della speranza per la Vita

Perché l’unzione degli infermi?

All’origine di questo sacramento bisogna vedere due prassi della tradizione biblica e giudaico-cristiana: l’intercessione per chi è malato e l’uso dell’olio per l’unzione.
Nel mondo antico l’olio era considerato medicamento e prodotto di bellezza, adatto perciò ad essere percepito come segno tanto della guarigione, quanto della bellezza divina.
La testimonianza chiara come prassi della comunità cristiana la troviamo nella lettera di Giacomo, che al cap. 5 v. 14 dice: “Chi è malato, chiami presso di sé i presbiteri della Chiesa ed essi preghino su di lui, ungendolo con olio nel nome del Signore”.
I “presbiteri” sono i capi della comunità, quelli che hanno il compito di rendere Gesù sacramentalmente presente: oggi noi diremmo i “sacerdoti”.
E al v. 15 dello stesso capitolo la lettera aggiunge: “e la preghiera fatta con fede salverà il malato: il Signore lo solleverà e, se ha commesso peccati, gli saranno perdonati”.
Il verbo “salverà” sta ad indicare la certezza dell’effetto della preghiera, riferita al presente della storia del malato.
Si tratta di una preghiera capace di aiutarlo nella situazione di crisi corporale e spirituale in cui si trova a seguito della malattia.

Dunque l’Unzione non è il Sacramento di coloro soltanto che sono in fin di vita: ecco perché, mentre in passato si parlava di “Estrema Unzione”, a partire dal Concilio Vaticano II si preferisce più coerentemente chiamarla “Unzione degli Infermi”.
Lo scopo è infatti quello di aiutare il malato a vivere cristianamente il tempo della malattia.

 

Una celebrazione comunitaria dell’Unzione degli infermi viene fatta il venerdì precedente la festa patronale, che si svolge la seconda domenica del mese di ottobre.

 

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